Il caos da cui veniamo

Oggi vi parlo del romanzo Il  caos da cui veniamo di Tiffany McDaniel  (traduzione di Lucia Olivieri. Atlantide, 2018).

Ne avete mai sentito parlare? L’autrice è nata nel 1985 nell’Ohio. Il suo romanzo L’estate che sciolse ogni cosa, pubblicato nel 2016, è stata una vera rivelazione negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Nel 2018, l’editore Atlantide ha pubblicato in Italia Il caos da cui veniamo, ambientato a Breathed, cittadina immaginaria dell’Ohio. Si tratta di un romanzo di formazione: una storia segnata più volte dal dolore e dal lutto; la narratrice è Bitty,  terza figlia femmina e quarta di sei figli: un personaggio ispirato all’autrice dalla madre.  L’evento traumatico che dà il colore a tutta la storia è la violenza subita dalla madre di Bitty, Alka, più volte violentata dal padre, sotto lo sguardo omertoso della madre:

Una ragazza diventa donna davanti al coltello. Deve imparare a conoscerne la lama. La ferita. A sanguinare. A portare la cicatrice senza smettere, in qualche modo, di essere bella e con le ginocchia abbastanza forti da poter strofinare il pavimento della cucina ogni sabato. Sarai perduta o trovata. Due verità che possono accapigliarsi per l’eternità.

La ferita di Alka non guarirà mai, neppure dopo il matrimonio con Landon, un nativo americano che si fa carico della sua sofferenza e la consegna al ruolo di madre in una famiglia di otto figli, di cui solo sei sopravvivono ai primi anni di vita.

A differenza di Adamo ed Eva, credo che Dio avrebbe preferito
che i miei genitori non si moltiplicassero e popolassero la Terra. Mia
madre diede alla luce otto di noi. Due sarebbero morti negli anni dorati dell’infanzia. Ci fu chi biasimò Dio per averne risparmiati troppi.
E chi diede la colpa al diavolo per non essersene portati via abbastanza. Io rimproverai gli angeli di non averci sterminati tutti.

Un destino di dolore, che accomuna le tre sorelle: Fraya, Flossie e Bitty, la protagonista/narratrice, destinata a raccogliere le trame della storia per consegnarle alla narrazione. È lei che può contare su un rapporto speciale con il padre – è la sua “indianina” – grazie al colore scuro della pelle; è lei che consegnerà alla storia il racconto della famiglie, grazie alla macchina da scrivere donatale dal padre.

La storia di Bitty racconta di un famiglia povera  e segnata da lutti irreparabili. L’incesto è  un peccato originale, destinato a riprodursi in famiglia  e a segnare il destino di due fratelli. Il più piccolo dei fratelli cade nel desiderio di spiccare il volo, così come  Flossie è destinata a cadere nel suo tentativo di salire alle stelle. Neppure a Fraya il destino lascia vie di fuga. Unico antidoto alla rabbia e al dolore è l’immaginifica spiritualità del padre,  Landon, costretto suo malgrado nel ruolo del diverso: un nativo americano in una minuscola cittadina dell’Ohio, senza più patria né compagni. Solo.

Ma c’è luce nelle pagine del romanzo: luce  e profumo di boschi, di prati e di tramonti.  Luce e speranza, e tenacia, e forza e ostinazione. E poesia. E una grande energia femminile che attraversa le pagine e vi spingerà a gridare e a sperare, alla fine, insieme a Bitty e a quel che rimane della sua famiglia.

Sono più di quattrocento pagine quelle di Il caos da cui veniamo.  Leggetele tutte d’un fiato: ogni pagina è poesia.

 

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